Allineati su una strada paludosa. Serve un’illuminazione
IL PUNTO del presidente CSI nazionale Vittorio Bosio. "Allineati su una strada paludosa. Serve un’illuminazione"
Martedì il Consiglio Nazionale del Csi ha approvato le ultime modifiche allo Statuto per adeguarle alla legge sul Terzo Settore e alle indicazioni del Coni. Ringrazio tutte le persone che, con intelligenza e professionalità, hanno curato la nuova redazione dello Statuto, cercando non solo di rispettare le norme inerenti la nostra attività, ma anche di interpretare quello che potrebbe essere il futuro.
Purtroppo, oggi serve operare così, cercando cioè di vedere oltre l’orizzonte visibile, per capire dove possano portare le normative. Non abbiamo, però, la sfera di cristallo. E questo perché sul tema dello sport si è abbattuta, da qualche tempo, una tempesta di regole fra loro incoerenti se non contraddittorie, che disorientano i dirigenti delle società sportive, impegnate a proporre ed a gestire lo sport a misura di persona. In questo momento, ci sarebbe bisogno di una guida illuminata che aiuti a superare il guado; stiamo uscendo da una crisi epocale con le ossa rotte e impossibilitati a rimetterci in cammino, perché non si sa bene dove andare. Sia chiaro: i nostri valori sono eterni perché fanno riferimento al messaggio evangelico della cura dell’altro e dell’attenzione alla formazione e alla crescita dei ragazzi e dei giovani.
Ma invece di poterci avvalere di poche e semplici regole, che stabiliscano i confini dello sport di base, a portata di tutti, ci troviamo di fronte a una montagna di regole scritte probabilmente da chi ha in testa un tipo di sport che con il nostro mondo non ha nulla a che fare. Trionfano i toni ipocriti di coloro che descrivono lo sport come un bene di cui la società italiana ha particolarmente bisogno poiché corrispondente ad esigenze etiche, morali, culturali e sanitarie. Senza minimamente avanzare proposte non dico promozionali, ma almeno a tutela di questo universo dello sport educativo e sociale. Il nostro scopo è andare
verso il risultato, e, modificando la nostra struttura pur di continuare ad offrire un servizio di cui hanno bisogno dai piccoli agli anziani, abbiamo scelto un operoso allineamento agli obblighi impostici. Ma non mancheremo mai al dovere di dire chiaramente a chi ha (o avrebbe) il compito di ascoltare, che questa strada ci porta dritti nella palude. Se occorre muoverci per salvare lo sport di base, va fatto oggi, evitando di perseguire testardamente obiettivi suggestivi sulla carta (tipo il rinnovamento dei quadri dirigenti imposto per legge senza conoscere le dinamiche interne all’organizzazione sportiva sui territori) ma che in realtà produrranno abbandoni e la decapitazione dei volontari e degli appassionati spontanei, nonché il depotenziamento dell’attività sportiva. Non occorrono battaglie di principio, contrapposizioni fra istituzioni e persone, ma ora, non domani, è indispensabile mettersi in ascolto reciproco e fare ciò che è necessario per un Paese più in salute, più dinamico, più vicino, più sportivo.
Purtroppo, oggi serve operare così, cercando cioè di vedere oltre l’orizzonte visibile, per capire dove possano portare le normative. Non abbiamo, però, la sfera di cristallo. E questo perché sul tema dello sport si è abbattuta, da qualche tempo, una tempesta di regole fra loro incoerenti se non contraddittorie, che disorientano i dirigenti delle società sportive, impegnate a proporre ed a gestire lo sport a misura di persona. In questo momento, ci sarebbe bisogno di una guida illuminata che aiuti a superare il guado; stiamo uscendo da una crisi epocale con le ossa rotte e impossibilitati a rimetterci in cammino, perché non si sa bene dove andare. Sia chiaro: i nostri valori sono eterni perché fanno riferimento al messaggio evangelico della cura dell’altro e dell’attenzione alla formazione e alla crescita dei ragazzi e dei giovani.
Ma invece di poterci avvalere di poche e semplici regole, che stabiliscano i confini dello sport di base, a portata di tutti, ci troviamo di fronte a una montagna di regole scritte probabilmente da chi ha in testa un tipo di sport che con il nostro mondo non ha nulla a che fare. Trionfano i toni ipocriti di coloro che descrivono lo sport come un bene di cui la società italiana ha particolarmente bisogno poiché corrispondente ad esigenze etiche, morali, culturali e sanitarie. Senza minimamente avanzare proposte non dico promozionali, ma almeno a tutela di questo universo dello sport educativo e sociale. Il nostro scopo è andare
verso il risultato, e, modificando la nostra struttura pur di continuare ad offrire un servizio di cui hanno bisogno dai piccoli agli anziani, abbiamo scelto un operoso allineamento agli obblighi impostici. Ma non mancheremo mai al dovere di dire chiaramente a chi ha (o avrebbe) il compito di ascoltare, che questa strada ci porta dritti nella palude. Se occorre muoverci per salvare lo sport di base, va fatto oggi, evitando di perseguire testardamente obiettivi suggestivi sulla carta (tipo il rinnovamento dei quadri dirigenti imposto per legge senza conoscere le dinamiche interne all’organizzazione sportiva sui territori) ma che in realtà produrranno abbandoni e la decapitazione dei volontari e degli appassionati spontanei, nonché il depotenziamento dell’attività sportiva. Non occorrono battaglie di principio, contrapposizioni fra istituzioni e persone, ma ora, non domani, è indispensabile mettersi in ascolto reciproco e fare ciò che è necessario per un Paese più in salute, più dinamico, più vicino, più sportivo.
scritto da AVVENIRE
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