Il Punto
«Interesse nazionale»? Basta con i sotterfugi. Serve più responsabilità.
scritto da AVVENIRE
In una situazione sanitaria complicatissima come quella che stiamo vivendo, i responsabili delle organizzazioni a livello nazionale, e dunque anche il Coni, le Federazioni e gli Enti di Promozione sportiva, credo debbano anzitutto avere a cuore la salute della gente. Stiamo lottando contro la diffusione di un virus terribile che ha ripreso la sua corsa come mai avremmo voluto sperare. In questo contesto chi è chiamato a prendere decisioni su come intervenire, difficilmente potrà incontrare consensi unanimi. È certamente impossibile perché gli interessi, legittimi, di tante persone (professionisti, lavoratori, imprenditori) non sono e non possono essere fra loro compatibili. La soddisfazione di uno, equivale quasi sempre alla delusione di un altro. E non va lasciato inascoltato il continuo allarme di tanti scienziati, uniti ai medici di famiglia e degli ospedali, che chiedono di fare tutto il possibile adesso per evitare che la crescita esponenziale del contagio ci porti oltre l'orlo del baratro. Intanto tornano ad affollarsi le rianimazioni degli ospedali: siamo ormai all'allarme rosso.
Certo, il susseguirsi di Dpcm, seguiti da ordinanze regionali, circolari ministeriali, o da ordinanze dei Comuni interessati magari da focolai particolarmente virulenti, non ci aiutano e portano ancora maggiore disorientamento. Nessuno vorrebbe chiudere perché sono in gioco aspetti fondamentali della vita sociale: l'economia, il lavoro, la scuola, la cultura, lo sport. Rischia di disintegrarsi un mondo fatto di certezze sul quale fino a poco fa eravamo tranquillamente adagiati. Ci sono attività che magari possono affrontare la crisi con una ragionevole contrazione. Ci sono attività invece che sono fondamentali per l'equilibrio sociale e che non possono essere “uccise”.
Devo anche amaramente ammettere che un atteggiamento di attenzione e civile prudenza non sempre paga. Con l'ultimo Dpcm, per esempio, nonostante i chiarimenti arrivati dal Ministero, ci siamo visti scavalcare nelle “aperture” all'attività sportiva da altre organizzazioni sportive, da Federazioni ed Enti che, tanto per essere espliciti, si sono posti come “attrattivi”, riconoscendo tutte le loro attività “di livello nazionale”, in modo da poter continuare con i campionati, rivolgendosi poi direttamente alle società sportive, anche del CSI, per un corteggiamento da “cambio casacca”. Il rispetto per quello che altri decidono a casa loro, ritengo lo si debba anche al CSI che ha una storia e un presente secondi a nessun altro. Più chiaro ancora: cambiare il nome al campionato, facendo diventare di interesse nazionale numerose attività che prima non lo erano, è evidentemente una furbizia. E a mio avviso i sotterfugi in questo momento sono assolutamente da evitare.
Capisco ovviamente, essendo navigato uomo di sport, che da parte delle società sportive c'è un grande desiderio di voler continuare ed il rischio conseguente di una fuga di società se anche il CSI non si adeguasse al sistema. Ma questa scelta al momento è ineffettuabile, perché non è nel solco della responsabilità. Infatti, il Consiglio Nazionale del CSI ha di fatto preso la decisione di sospendere, per il momento, le attività di contatto fino al 13 novembre, pur avendo le nostre attività da almeno 25 anni una caratteristica: quella di essere organizzata come una filiera realmente nazionale, ben distinta dalle attività non di interesse nazionale. Tutte queste attività nazionali, allora, potrebbero rientrare in quelle previste come praticabili dall'ultimo decreto di Conte?
Abbiamo invitato i Comitati provinciali a stare cauti, a rispettare le regole, a fare quello che è realmente consentito, sia per gli allenamenti sia per le competizioni, e di attività di questo genere il CSI è già promotore da tempo. Poi, seguendo i chiarimenti che ci arriveranno di volta in volta, anche noi ci organizzeremo secondo le reali possibilità esistenti.
Sia chiaro, però, che non rimarrò solo a guardare: ho chiesto a tutte le autorità competenti, del Governo e del Coni, di poter contribuire con le nostre proposte alle scelte concrete che si faranno. Subito un esempio: evitiamo i contributi a pioggia che non aiutano gli organismi già attivi sul territorio ma anzi finirebbero per distruggerli. Lo farò con la ferma volontà di tutelare le associazioni sportive, gli oratori, le parrocchie, i circoli sportivi, che hanno fatto investimenti e preso impegni a volte onerosissimi, per stare nel rispetto delle regole. Sto parlando di un patrimonio immenso, al servizio della comunità italiana, e a rischio estinzione. Non possiamo accettare che al danno si aggiunga la beffa di vedere questo lavoro dissolto mentre si premiano i soliti furbi.
Vittorio Bosio Presidente CSI Nazionale
pubblicato su Avvenire il 29/10/2020
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