"Sul decreto fiscale una manina che impedisce i gol"
IL PUNTO del presidente CSI nazionale Vittorio Bosio su AVVENIRE
scritto da AVVENIRE
"Sul decreto fiscale una manina che impedisce i gol"
Ogni parola in italiano ha un suo peso specifico, e, soprattutto nel linguaggio giuridico, spesso è un peso determinante che può cambiare la vita alle cose.
Ne è un esempio un recente emendamento al Decreto Fiscale approvato in Senato che definisce le prestazioni di servizi e le cessioni di beni fatte da associazioni di volontariato e da associazioni sportive, non più come “decommercializzate” ma come “esenti Iva”. Agli occhi di chi, come noi, non è esperto di tecnicismi, può sembrare la stessa cosa, cioè un esonero dalla tassazione, ma in realtà non è affatto così. Perché un conto è considerare un’attività come non commerciale e perciò “mai assoggettabile” ad imposte, tutt’altro è considerarla commerciale ma (per ora) esentata dalle imposte. E non solo perché ciò costringe, fra tre settimane, oltre 100mila associazioni no-profit ad entrare improvvisamente in regime commerciale e tenere contabilità Iva, con tutti gli adempimenti ed i costi che ciò comporta, ma perché potenzialmente libera le mani dei futuri Governi, inducendoli nella facile tentazione di iniziare ad applicare, partendo da aliquote agevolate, l’Iva anche ai corsi di ginnastica o di nuoto, sulle scuole calcio, sull’iscrizione ad un campionato giovanile di pallavolo. Per non parlare delle SSD a responsabilità limitata, che diverrebbero, di fatto, delle SRL a tutti gli effetti con piena imposizione Iva. È l’ennesima entrata a gamba tesa sul mondo del volontariato, il quale pare proprio che infastidisca qualche area parlamentare, che forse intravede nel basso costo dei servizi no-profit una concorrenza sleale agli interessi commerciali, e sembra dar corpo ad una teoria secondo la quale il Terzo Settore possa danneggiare i primi due. Minacciare però delle associazioni sportive e di promozione sociale che svolgono un ruolo di sussidiarietà nei confronti dello Stato, coprendo in modo solidale gli inevitabili buchi lasciati dal servizio pubblico e dalla scarsa competitività delle aziende commerciali, non è certo una soluzione, bensì la causa di un problema serio. È ormai chiaro che una fetta trasversale della politica italiana osteggia la riforma del Terzo Settore, la stessa rimasta indifferente alle enormi restrizioni riservate allo sport in tempo di Covid. Ed ora, a poche settimane dal tanto atteso avvio del Runts e da una faticosa ripresa dello sport di base, arriva una anonima “manina” che impedisce il goal, con la speranza che l’arbitro non se ne accorga e nemmeno il Var. Pensare che il cittadino possa non comprendere la sottile ma sostanziale differenza tra “esclusione” ed “esenzione” dall’Iva è piuttosto semplicistico e irriguardoso. Le parole, ciascuna di loro, hanno un peso diverso; c’è da augurarsi che nel passaggio del Decreto alla Camera, gli onorevoli Deputati rispolverino il vocabolario e ritrovino il gusto di usare in modo corretto la più bella lingua del mondo.
Ne è un esempio un recente emendamento al Decreto Fiscale approvato in Senato che definisce le prestazioni di servizi e le cessioni di beni fatte da associazioni di volontariato e da associazioni sportive, non più come “decommercializzate” ma come “esenti Iva”. Agli occhi di chi, come noi, non è esperto di tecnicismi, può sembrare la stessa cosa, cioè un esonero dalla tassazione, ma in realtà non è affatto così. Perché un conto è considerare un’attività come non commerciale e perciò “mai assoggettabile” ad imposte, tutt’altro è considerarla commerciale ma (per ora) esentata dalle imposte. E non solo perché ciò costringe, fra tre settimane, oltre 100mila associazioni no-profit ad entrare improvvisamente in regime commerciale e tenere contabilità Iva, con tutti gli adempimenti ed i costi che ciò comporta, ma perché potenzialmente libera le mani dei futuri Governi, inducendoli nella facile tentazione di iniziare ad applicare, partendo da aliquote agevolate, l’Iva anche ai corsi di ginnastica o di nuoto, sulle scuole calcio, sull’iscrizione ad un campionato giovanile di pallavolo. Per non parlare delle SSD a responsabilità limitata, che diverrebbero, di fatto, delle SRL a tutti gli effetti con piena imposizione Iva. È l’ennesima entrata a gamba tesa sul mondo del volontariato, il quale pare proprio che infastidisca qualche area parlamentare, che forse intravede nel basso costo dei servizi no-profit una concorrenza sleale agli interessi commerciali, e sembra dar corpo ad una teoria secondo la quale il Terzo Settore possa danneggiare i primi due. Minacciare però delle associazioni sportive e di promozione sociale che svolgono un ruolo di sussidiarietà nei confronti dello Stato, coprendo in modo solidale gli inevitabili buchi lasciati dal servizio pubblico e dalla scarsa competitività delle aziende commerciali, non è certo una soluzione, bensì la causa di un problema serio. È ormai chiaro che una fetta trasversale della politica italiana osteggia la riforma del Terzo Settore, la stessa rimasta indifferente alle enormi restrizioni riservate allo sport in tempo di Covid. Ed ora, a poche settimane dal tanto atteso avvio del Runts e da una faticosa ripresa dello sport di base, arriva una anonima “manina” che impedisce il goal, con la speranza che l’arbitro non se ne accorga e nemmeno il Var. Pensare che il cittadino possa non comprendere la sottile ma sostanziale differenza tra “esclusione” ed “esenzione” dall’Iva è piuttosto semplicistico e irriguardoso. Le parole, ciascuna di loro, hanno un peso diverso; c’è da augurarsi che nel passaggio del Decreto alla Camera, gli onorevoli Deputati rispolverino il vocabolario e ritrovino il gusto di usare in modo corretto la più bella lingua del mondo.
scritto da AVVENIRE
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